Questione energetica, Bitcoin e municipalismo libertario
L’autogoverno locale del popolo, per il popolo - con azzeramento dei costi energetici e sviluppo delle fonti di energia rinnovabile. Come? Con il mining di Bitcoin.
Due sono i temi più importanti nella contemporaneità: la questione ambientale (cioè l’impatto della vita umana sull’ecosistema) e l’aumento esponenziale della domanda di energia elettrica.
Oggi affronteremo questi due temi dimostrando due cose: che Bitcoin è lo strumento che ci permette di risolverli una volta e per sempre, e che allo stesso tempo costruiamo le basi per arrivare al municipalismo libertario postulato per la prima volta da Bookchin, di cui abbiamo già parlato.
La questione energetica - il mining di Bitcoin
Partiamo dalla questione energetica, oggi di enorme attualità visto l’incremento assurdo del costo dell’elettricità, di cui tanto si sta discutendo in questo periodo.
Negli anni in cui la tecnologia fotovoltaica era ai suoi albori i primi impianti furono venduti con la promessa che grazie al fotovoltaico le famiglie avrebbero azzerato il costo della bolletta.
Questo non è successo per un semplice motivo: la produzione fotovoltaica avviene nelle ore diurne, quando le case degli italiani sono vuote (i bambini sono a scuola, i genitori a lavoro), per cui le scelte tipicamente sono due:
Accumulare l’energia nelle batterie: gli impianti di accumulo sono però molto costosi e questo impedisce alla famiglie di ammortizzare l’investimento, per non parlare dell’impatto ambientale prodotto dallo smaltimento delle batterie
Vendere l’energia alla rete: che però te la paga poco, impedendoti di avere una riduzione rilevante della tua spesa, anche a causa delle tasse e degli oneri di sistema che gravano per una larga parte sul costo complessivo della bolletta
Ma c’è una terza strada. Vediamo come una famiglia potrebbe sfruttare comunque l’impianto fotovoltaico che possiede per azzerare il costo dell’utenza elettrica.
Invece che accumulare l’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico o venderla alla rete, la nostra famiglia potrebbe usarla per fare mining di Bitcoin.
Al giorno d’oggi una GPU (scheda grafica) performante può minare facilmente BTC per un corrispettivo di circa 130$ al mese. Capite bene che questo basta a coprire i costi bimestrali della bolletta; importante notare che da questa attività di mining non verrà emesso neanche un grammo di Co2 perché tutta l’energia usata per minare è prodotta con l’impianto fotovoltaico, per cui da fonti rinnovabili.
Facile no? Problema risolto, chiudiamola qui e ci vediamo per il prossimo articolo!
Eh, purtroppo le cose non sono così semplici, abbiamo infatti tre grossi limiti da superare:
Limite economico: una buona GPU può costare anche un migliaio d’euro, non è detto che tutte le famiglie dispongano di abbastanza denaro per questo tipo di investimento
Limite tecnico: anche se il mining è accessibile a chiunque non è detto che tutte le famiglie abbiano quel minimo di competenze tecniche per lanciarsi in questo genere di attività
Limite logistico: non tutte le famiglie hanno gli spazi e le condizioni necessarie a sviluppare abbastanza energia da un impianto fotovoltaico, per cui tutte quelle famiglie che sono in questa situazione non potrebbero sfruttare questa opportunità
Come facciamo a risolvere questi tre problemi?
Mining collettivo, il ruolo dei comuni
Semplice, dobbiamo entrare in un’ottica di gestione collettiva sia della produzione elettrica che del mining di Bitcoin. Tale azione collettiva, però, non potrà avvenire su scala nazionale, ma dovrà avvenire necessariamente a livello locale per tutta una serie di motivi che vado di seguito a enumerare:
Ogni territorio ha caratteristiche precise che permettono di sfruttare alcune forme di rinnovabili e non altre; laddove il fotovoltaico è performante, ad esempio, non è detto che lo sia anche l’eolico, alcune comunità possono sfruttare i corsi d’acqua per produrre energia, ma non tutte le comunità possono fare altrettanto. Dal momento che nessuno conosce meglio il territorio delle comunità locali che lo abitano, le attività che andremo a descrivere non possono essere portate avanti da un governo centrale, ma vanno prodotte necessariamente dalle comunità locali
Come vedremo più avanti, per realizzare questo tipo di visione è necessario fare un’analisi puntuale del fabbisogno energetico di ogni singola comunità, quindi, di nuovo, lo stato centrale è naturalmente tagliato fuori
Se vogliamo sfruttare Bitcoin per cambiare radicalmente l’organizzazione sociale italiana e dare vita all’autogoverno del popolo per il popolo su base locale dobbiamo necessariamente svincolarci dallo stato centrale e portare avanti il nostro progetto nelle singole comunità
Andiamo quindi a vedere, più nel dettaglio, cosa devono fare le comunità locali per arrivare a offrire energia elettrica a costo zero a tutti i cittadini e azzerando le emissioni di Co2.
Il sistema di potere, che vive e prospera sull’organizzazione gerarchica e centralizzata della società, ci ha sempre raccontato che il principale limite delle rinnovabili è l’intermittenza; questo però non solo è sbagliato, è proprio una mistificazione, l’intermittenza non è affatto un limite, ma un’opportunità.
Dal momento che le rinnovabili sono intermittenti è necessario massimizzare la produzione nei momenti in cui è possibile farlo; accumulare l’elettricità prodotta è però complesso ed oneroso, per questo le rinnovabili ancora oggi faticano a imporsi, tanto che siamo tornati a parlare di nucleare.
Le comunità locali, quindi, calcolato il fabbisogno, dovranno impegnarsi a produrre energia al massimo delle loro capacità, mettendo pannelli fotovoltaici ovunque sia possibile, sfruttando ogni corso d’acqua per produrre energia idroelettrica, sfruttando l’eolico e il moto ondoso delle maree (energia mareomotrice) o i vulcani (energia geotermica) per aumentare ancora di più la produzione.
Per chi non l’avesse già capito fare queste operazioni significherebbe creare un surplus di energia di molto superiore al fabbisogno. Quell’energia, però, non va immagazzinata, ma messa a reddito minando bitcoin con mining farm pubbliche, non di stato, ma municipali con diritti di proprietà distribuiti equamente tra tutti i cittadini (attraverso token).
I profitti da mining, quindi, potranno essere destinati ad azzerare i costi energetici per famiglie e imprese, esattamente come avevamo immaginato di far fare al singolo in apertura a questo articolo.
Attenzione però, questo non ha risolto il problema dell’intermittenza delle rinnovabili: abbiamo solo massimizzato la produzione di energia puntando alla sovrapproduzione per mettere a reddito il surplus di energia e destinare i profitti da mining ad azzerare il costo dell’elettricità; come facciamo però a garantire il fabbisogno energetico quando la produzione da rinnovabili è spenta? In altre parole, come facciamo a garantire il fabbisogno di notte, quando gli impianti fotovoltaici azzerano la produzione?
Per prima cosa è il mix di rinnovabili che ci permette di far fronte al problema dell’intermittenza; anche se di notte non splende il sole, infatti, i fiumi continuano a scorrere (quindi la produzione idroelettrica resta intatta) e non si ferma certo il moto ondoso (per cui anche la mareomotrice continuerà a produrre), così come non smettono di spirare i venti.
Non tutte le comunità, però, hanno corsi d’acqua da sfruttare, o sbocchi sul mare per sfruttare la mareomotrice, quindi il problema non è del tutto risolto. Esistono però anche altre forme di produzione di energie rinnovabili, come ad esempio l’idrogeno. Anche la produzione di elettricità dall’idrogeno ha però i suoi problemi, basti pensare, ad esempio, che ancora questo genere di infrastruttura non è stata costruita.
Tutta l’infrastruttura per la produzione di energia elettrica da fonti fossili (gas, ad esempio, ma anche carbone, con alcuni accorgimenti) esiste già, sarebbe stupido non sfruttarla.
Un conto, infatti, è l’impatto ambientale dell’energia prodotta con combustibili fossili se questa deve coprire il 100% del fabbisogno, ben altra cosa se questa deve garantire (come avviene oggi) il 50% del fabbisogno, ancora diverso è se questo genere di produzione deve intervenire solo ad evitare i blackout nei momenti in cui le rinnovabili non sono performanti, per cui devono garantire qualcosa come il 10/15% del fabbisogno.
Mentre iniziamo a costruire gli impianti a idrogeno dove sono necessari, quindi, possiamo tranquillamente continuare a usare l’infrastruttura che abbiamo già. E con le emissioni di Co2 come la mettiamo?
Beh, la Co2 non la si deve necessariamente azzerare, la si può anche riassorbire. Piantando alberi e con l’attività di rimboschimento (anche questa portata avanti a livello locale) possiamo portare a zero il bilancio delle emissioni di Co2, risolvere il problema del dissesto idrogeologico e, quando poi la transizione sarà completa e inizieremo a spegnere prima le centrali a carbone e poi anche quelle a gas (sostituite entrambe dalle centrali a idrogeno), il bilancio sarà addirittura negativo, cioè non ci limiteremo più solo a non emettere Co2, ma cominceremo a riassorbirla.
Per dimostrare la fattibilità di tutto quanto fin qui esposto mi basterebbe poco, vi risparmierò però complessi calcoli matematici e anticipo molto semplicemente ogni possibile obiezione spiegando perché non c’è nulla di proibitivo in una politica energetica portata avanti in questo modo. Tutti i dati necessari a risolvere il problema energetico sono noti e facilmente calcolabili:
Il fabbisogno energetico è noto e calcolabile
I costi per tenere in piedi il sistema sono facilmente calcolabili, manutenzione degli impianti e costi del personale possiamo benissimo conoscerli in anticipo
I profitti da mining possono essere dedotti conoscendo l’hashrate generato dalla mining farm
Conoscendo i costi (personale e manutenzione), il fabbisogno e l’hashrate necessario a coprire i costi possiamo definire in anticipo l’entità della sovrapproduzione necessaria a minare abbastanza bitcoin da tenere costantemente a zero i costi dell’elettricità per famiglie e imprese
Arrivati a questo punto abbiamo di fronte uno scenario interessante; le comunità locali non solo controllano la produzione di elettricità e sono diventate energeticamente autonome, ma hanno anche azzerato i costi per imprese e famiglie usando il surplus prodotto con le rinnovabili per minare Bitcoin.
A livello ambientale, dal momento che il surplus di produzione non deve essere stoccato ma viene messo a reddito, abbiamo tagliato via a priori tutta la problematica relativa allo smaltimento delle batterie (oltre che ridotto il consumo di materie prime necessario alla loro produzione); per quanto riguarda le emissioni di Co2, in attesa di approdare a un sistema in cui tutta l’energia prodotta proviene al 100% da energie rinnovabili, possiamo semplicemente, attraverso riambientalizzazione e rimboschimento, puntare ad azzerare il bilancio delle emissioni riassorbendo quel poco di Co2 che, inizialmente, sarà comunque necessario emettere, per poi arrivare addirittura a un bilancio negativo nel momento in cui la transizione verso le rinnovabili sarà completata.
Contro la falsa retorica mainstream
A livello politico e di organizzazione sociale, poi, rendere le comunità locali energeticamente autonome e indipendenti è un passaggio fondamentale per arrivare al municipalismo libertario; come mai potremmo approdare a un sistema del genere se per soddisfare il fabbisogno energetico le comunità locali continuassero ad aver bisogno di un’autorità centrale?
Spero, quindi e per concludere, che adesso sia chiaro a tutti il perché di certe narrazioni con cui il sistema mediatico ci bombarda periodicamente; la retorica sulla fantomatica catastrofe ambientale prodotta da Bitcoin, la retorica sul fatto che Bitcoin destabilizzi l’economia mondiale, sono tutte tesi inventate di sana pianta dal sistema di potere e dai ceti dominanti per screditare una tecnologia che ne mette a repentaglio l’esistenza.
Bitcoin non rappresenta, in altre parole, una minaccia per l’ambiente ma rappresenta una minaccia ai profitti delle multinazionali che operano nel mercato dell’energia, Bitcoin non rappresenta una minaccia per l’economia ma rappresenta una minaccia ai profitti delle banche e al potere dei banchieri centrali.
Bitcoin, infine, non rappresenta una minaccia per i popoli del mondo, rappresenta una minaccia per il potere degli stati nazione perché ci offre tutti gli strumenti di cui abbiamo bisogno per pervenire all’autogoverno del popolo per il popolo su base locale.